Live Wine Milano 2018
Il vino lento nella città che corre
Per tre giorni Milano è stata la casa di oltre 160 artigiani del vino dall’Italia e dall’estero.
E come per ogni evento meneghino che si rispetti la location è la prima cosa a stupire, l’elegante e luminoso Palazzo del Ghiaccio. All’ingresso l’impatto sensoriale è forte, tutto sembra ovattato, tutto sembra disciplinato e ordinato, molto diverso dai capannoni industriali e banchetti sgangherati a cui noi amanti del vino naturale siamo abituati. Ma basta iniziare a camminare tra le undici file compatte di vignaioli per vedere e respirare la loro passione e la loro voglia di raccontarla. La forma cambia, la sostanza resta. Un successo.
Avendo – ahimè – poco tempo a disposizione, non ho potuto lasciare troppo al caso la scelta dei produttori da incontrare, ma ho voluto focalizzarmi su alcune regioni e paesi che raramente ho occasione di assaggiare.
Dopo gli interessanti assaggi a Sorgente del Vino poco più di un mese fa e non solo, ho voluto assolutamente visitare almeno uno stand dell’Emilia Romagna e ho scelto un produttore biodinamico di cui avevo sentito molto parlare: Al di là del Fiume, che si trova proprio alle pendici dell’Appennino, in provincia di Bologna. La vignaiola ci accoglie con uno dei sorrisi più belli della fiera e il suo entusiasmo nel versarci in degustazione i suoi quattro figlioletti di albana e barbera è travolgente (così travolgente che presto dedicherò un post tutto alla loro azienda!). Vinificazioni attentissime al territorio e un uso intelligente dell’anfora di terracotta, davvero molto riuscito. Vini che non scendono a compromessi.
Ho mosso poi i miei primi passi nel Lazio vitivinicolo con l’assaggio da Damiano Ciolli del suo cesanese in due maniere, bel rosso di carattere e dalla forte identità territoriale. Sempre in Lazio ho conosciuto Matteo di Piana dei Castelli, un’azienda che ha fatto del territorio sfaccettato in cui nasce la sua carta vincente. Non riesco a ricordare a mente tutte le micro zone climatiche in cui crescono i loro vigneti, ma riesco benissimo a ricordare la cura e dedizione che mi hanno trasmesso raccontandomi ogni singola lavorazione. La loro filosofia? Tanta attenzione in vigna per intervenire il minimo in cantina. La loro sfida? Vinificare uno dei più credibili pinot grigi che abbia assaggiato, ma in Lazio. Audaci e simpatici.
Mi sono poi dedicata alla bella selezione di produttori del consorzio Terroir Marche per scovare qualche verdicchio poco conosciuto, il mio preferito è stato quello di Failoni appena imbottigliato, bel corpo, bel profumo, grande beva.
Sono poi passata in Toscana, ma per individuare qualche nuova macerazione, ed ecco che Michele di Vanempo mi ha completamente conquistata. Vicino a Prato, comune di Montemurlo, vinifica in totale biodinamica un blend di San Colombano, Trebbiano e Malvasia Bianca che dopo sei giorni di macerazione affina per più di un anno in barrique esauste che domano il carattere irrequieto e irreverente di questo bell’arancione.
Per finire il giro italiano ho voluto cercare qualche nuova bollicina naturale. Belle fermentazioni in Veneto dove il metodo classico di Friulano Bakari (vignaiolo Menti in Gambellara) mi ha proprio sollevato la giornata.
Guardando all’estero due sono stati gli incontri che mi hanno interessato in particolar modo, anche se per caratteristiche opposte. La raffinata acidità dell’Austria di Meinklang con i suoi vitigni impronunciabili (perdonatemi!) e con l’occitana rotondità dei vitigni di una delle AOC più dimenticate di Francia, la Gaillac, di Domain le Brin. In particolare, ho trovato molto equilibrato e piacevole il loro blend Anthocyanes, per due terzi Braucol, uva autoctona a bacca rossa, e un terzo Syrah, invecchiato 16 mesi in barrique esauste.
In conclusione, Live Wine Milano si rivelata una manifestazione molto ricca di cui mi ha colpito soprattutto il bel carattere internazionale, con oltre 40 espositori stranieri tra Austria, Francia, Slovenia, Spagna e Grecia.
Un’ultima riflessione è a puro titolo personale. Live Wine Milano per me ha rappresentato la vittoria di un manipolo di sognatori sul freddo mondo del mercato. È la filosofia di un’agricoltura condotta con amore e rispetto per la terra che si fa largo nella città dell’industria e consumismo. È il trionfo della lentezza dei ritmi naturali, dei cicli lunari e dei lunghi affinamenti sui ritmi frenetici a cui, ogni giorno, siamo obbligati ad allinearci. È stato un’isola di rapporti umani, scambi, incontri in un paese che ci abitua a essere, troppo presto, soli. Ma come la ruggine può far crollare ponti, ogni processo lento può andare lontano, muovendo piccoli passi, e così arriverà negli anni la vittoria definitiva del vino lento, del pensiero lento.