Orange Wine Festival 2018
Il 9 Dicembre si è svolta ad Agazzano, piccolo borgo nel piacentino, la prima edizione di Orange Wine. Molti si chiederanno se avessimo bisogno di un’ulteriore rassegna enoica dato il pullulare di eventi dell’ultimo periodo. La nostra risposta è certamente sì, perché l’Orange Wine, ideato agli stessi organizzatori di Sorgente del Vino, è qualcosa di diverso che indubbiamente mancava.
Location d’eccezione l’affascinante Castello di Agazzano, sorto attorno al XIII secolo e ancora oggi perfettamente conservato – fossato e ponte levatoio inclusi. Anguste e oscure stanzette e cripte medievali hanno così accolto questa due giorni interamente dedicata ai vini bianchi macerati, ovvero a quei vini ottenuti dalla fermentazione dell’uva bianca a contatto con le bucce per un tempo variabile. Vini bianchi particolari, testimoni di metodi antichi di vinificazione, quando ancora stabilizzatori, conservanti e chiarificanti erano lontani da molte cantine. Vini bianchi accumunati dal colore ambrato e da una profonda territorialità. Come al solito, ecco qui i miei assaggi preferiti.
Il Tufiello e Tenuta Grillo – Cercare di sintetizzare in poche righe la storia e la filosofia di Guido Zampaglione è quanto mai azzardato, ma l’elegante pacatezza di questo vignaiolo si ritrova intatta nei suoi vini. Lunghe macerazioni e nessuna filtrazione ad accumunare la lavorazione di Cortese e Sauvignon nella tenuta monferrina e il Fiano d’Avellino in alta Irpinia. Vini dall’anima gentile, puliti e territoriali.
Cantina Ricci – La sintonia tra Daniele Ricci e il suo Timorasso si capisce subito, da come ti serve il suo San Leto, da come ne parla, a come si scatena il vino nella tua bocca. Ma con il suo CCC Daniele si è superato, provatelo!
Vinicea – Ancora Piemonte e ancora Sauvignon. Macerazione di 15 giorni e 15 mesi in grandi botti di acacia per Op S, un vino di impatto, profumato e “spesso”.
Camerlengo – Accamilla è il vino bianco che Antonio ha voluto dedicare al suo cane che è anche ritratto in etichetta. Blend di autoctoni lucani (Malvasia di Rapolla, Cinguli e Santa Sofia), questo vino chiama la tavola e la compagnia con la sua tannica morbidezza e godibilità
Nicola Gatta – Si, macerano anche in Franciacorta! O quantomeno Nicola macera eccome, ben 100 giorni sulle bucce per il suo Chardonnay in purezza Febo. Vibrante.
Denis Montanar – Denis da oltre 30 anni vinifica in modo naturale le sue uve in località Borc Dodon, vicino a Udine. Il suo Uis Blancis 2013, blend di Tocai friulano, Sauvignon bianco, Pinot Bianco e un poco di Verduzzo, è sorprendente. Macerato per 3 giorni a tini aperti, torchiato a mano, dopo la fermentazione spontanea viene affinato per un anno in legno e poi altri 8 mesi in cemento. Se non è questa una dichiarazione d’amore, cosa lo è?
Vanempo – Michele è Vanempo, Vanempo è Michele: poche volte un vino è così fortemente espressione di chi lo fa. Siamo a Montemurlo, in provincia di Prato, e in vigna vengono applicati tutti i principi della biodinamica. Aura, blend di San Colombano, Trebbiano e Malvasia Bianca, grazie alla macerazione di circa 6 giorni, è il vero “rosso” dell’azienda, corposo e intenso, sapido e sfaccettato.
Agricola la Svolta – Sempre in Toscana, a Lastra Signa, nell’empolese, Michelangelo ci racconta il suo bel Trebbiano macerato almeno 10 giorni: Beatnik. Un sorso completo, fruttato e con una bella acidità.
Virà – Un Catarratto che non dimenticherò. Solo pochi giorni macerazione creano un colore ambrato carico, bellissimo, come un tramonto sul mare. Proprio come il tramonto che si può vedere passeggiando tra i filari di questa piccola azienda tra i comuni di Gratteri e Cefalù.
Alepa – Paola da oltre 30 anni produce vino nel casertano e si è impegnata nel recupero di un importante autoctono della zona, il Pallagrello. L’assaggio del suo Privo l’eretico, macerato sulle bucce per 8 giorni, è un percorso di avvicinamento verso un gusto nuovo, nobile e altero. Un vino stimolante, pieno di profumi e sapori, in vino da cui è difficile separarsi.
Tenuta l’Armonia – Qualcosa sta cambiando sui colli vicentini e, come ogni rivoluzione, non si cura dei dettagli, ma punta dritta al sodo. Vini pensati e cresciuti nel rispetto della terra e della natura, vini ribelli e comunicativi. Tenuta l’Armonia di Andrea Pendin è un incubatore per tanti piccoli produttori naturali della zona come MaterVi e Yeasteria e ha come obiettivo de-capitalizzare quelle colline e strappare quanti più ettari possibili alla chimica. Non male vero?
Podere San Biagio – vi ricordate il Tranqi Funky? non riesco a trovare una definizione migliore per i Vini di Jacopo. Il suo Lucignolo è un Trebbiano e Malvasia di Candia non aromatica, vinificato in anfora fuori terra per 3 mesi sulle bucce e quindi affinato per altri 6, sempre in anfora. Un vino che non ti aspetti, così profumato, intenso, terroso.
Distina e La Poiesa – Per ultimi ho lasciato i padroni di casa, ovvero due giovani vignaioli Piacentini. Claudio di Distina ha cominciato a vinificare in autonomia da un paio d’anni e ha presentato il suo Ambra 2017, blend macerato di Malvasia di Candia, Moscato Bianco e Marsanne per un gusto morbido, fresco e ammiccante. Roberto di La Poiesa invece vinifica in purezza il grande dimenticato della zona, l’Ortrugo nel suo Burbero con una macerazione di 2 settimane in cemento. Da tenere d’occhio.
E se dopo questa lettura non potete fare a meno di conoscere meglio questo poliedrico mondo della macerazione non perdete The Amber Revolution, il libro di Simon J. Woolf presentato in occasione della manifestazione direttamente dall’autore e da Giovanni Segni. Un libro nato dalla voglia di approfondire l’argomento Vino Arancione anche provando a farlo!