Claudio Giachino – Madonna del Solaio 2017
Ancora devo capire come mai oggi se si parla di Piemonte vinicolo, in automatico si pensa a Nebbiolo e Barbera.
Lui, il Dolcetto ne esce così da grande escluso, essendo storicamente il vitigno a bacca rossa più diffuso in regione e da sempre impiegato negli scambi commerciali con la Liguria. Sarà forse colpa della sua rusticità che non gli ha mai permesso di competere con l’eleganza dei grandi Nebbioli. O sarà per quel suo tannino un po’ verde che ne chiama una beva giovane e conviviale.
Curiosa poi l’origine del nome Dolcetto. Esistono infatti due ricostruzioni più accreditate: una prima per cui il nome deriverebbe direttamente dall’incredibile dolcezza degli acini già in vigna, una seconda che invece rimanderebbe al fatto che le colline su cui il Dolcetto viene coltivato sono colline dolci, appunto “dosset” in piemontese.
A “La Terra Trema” (di cui vi ho parlato qui!!) ho conosciuto Claudio Giachino con il quale condivido molte idea riguardo a Dolcetto e biodiversità in Langa. Claudio gestisce la sua azienda agricola da oltre 20 e l’ha vista espandersi con il crescere della sua stessa famiglia grazie all’ingresso dei figli nell’attività. Da sempre producono nocciole, ma proprio per rispettare le sfaccettature del territorio langarolo, hanno via via frapposto agli alberi qualche vigna per un totale di circa 4 ettari.
Le uve per il suo Dolcetto Madonna del Solaio vengono interamente lavorato a mano, il mosto viene quindi stabilizzato fuori al freddo durante le successive lavorazioni e infine, dopo la malolattica, va in bottiglia con un livello di solforosa bassissimo. Per me questa è una dichiarazione d’amore. Madonna del Solaio colpisce con profumi freschi, fruttati con una nota di viola, al sorso è diretto, tannico e armonioso.
Un vino incredibilmente territoriale, riconoscibile e di compagnia.