Vella Terra 2019
Alle radici del vino naturale
La curiosità è il motore che mi tiene in piedi, sono sempre stata curiosa da quando ho memoria. Il vino mi ha conquistato per il fatto di essere quasi infinito, nelle sue versioni, nelle sue interpretazioni, etichetta per etichetta, annata dopo annata. Un campo in cui la mia voglia di scoprire e imparare poteva non trovare mai fine. Perfetto.
Per questo sono salita su un aereo e sono andata a vedere come il vino – naturale ovviamente – potesse essere interpretato nelle assolate terre spagnole. E così sono arrivata nell’atrio della vecchia stazione nord di Barcellona, a pochi passi dall’Arco di Trionfo, per la quarta edizione di Vella Terra. E se una volta era il capolinea della linea ferroviaria Saragozza-Barcellona, oggi rimane una elegante location, molto luminosa e perfettamente allestita per l’evento. Forse un po’ piccola però per gli oltre 100 gli espositori presenti a questa edizione della fiera indipendente di vino naturale organizzata da Alejandra Delfino e Stefano Fraternali. E infatti già si mormora su una nuova location fronte mare per la prossima edizione.
Produttori prevalentemente catalani e spagnoli, ma anche tanti francesi e italiani: un caleidoscopio di colori e profumi. Questo è quello che mi è piaciuto di più:
In Galizia la viticoltura è ancora fortemente ancorata alla tradizione e la sensibilità per il territorio caratterizzano i vini di tutti i piccoli produttori che lavorano questa terra. Le radici delle viti affondano nell’oceano e il risultato sono vini spiazzanti e salmastri come il Namorado di Antonio Portela. Un rosso marittimo dalla vibrante acidità e dal frutto sottile verticale, un vino semplicemente indimenticabile.
Simile anche se meno estremo è l’albarinho galiziano di Constantina Sotelo prodotto dal suo micro-cru più vicino all’oceano. Solo 300 litri di mosto dalla grande salinità e visceralità addomesticata in una botte esausta diventano un bottiglia rara e intrigante come Volandeira. Da non perdere però tutte le loro versioni di Albarinho, ciascuna da una specifica parcella come il Pio Pio affinato in un guscio di gres e il Pelicas macerato in anfora!
Per chi ha visto La casa di Carta, Jordi Esteve non potrà non ricordagli il mitico Professòr protagonista della serie. Il suo progetto Rim si muove tra le vigne e i tramonti nel piccolo comune catalano di Rabòs dove, carpendo i segreti di tutti gli anziani del posto, Jordi si sta impegnando non solo nella salvaguardia di antiche varietà locali, ma nel rilancio economico dell’intera cittadina. Jan, sia nella versione bianca che rossa, risulta un vino pulitissimo, ricercato e cerebrale. Eccezionale il suo vino dolce prodotto con una parte di mosto cotto.
Giovanissimo è invece Oscar Navas di La Furtiva, un progetto molto recente nella regione del Terra Alta in Catalunya mirato al rilancio della tipica varietà locale, la Granatxa Blanca. La prima vendemmia è del 2018 e già si fa notare per il notevole carattere e la pulizia del suo Blanc de Corbera, blend di Granatxa Blanca e Parellada. Un ragazzo da tenere d’occhio.
Ad Alt Camp in provincia di Tarragona a 500-600 metri sul livello del mare la proposta di Celler Tuets, è semplice diretta e naturale: lavorare solo vitigni in purezza e trasferire la natura dell’uva nella bottiglia con il minimo intervento possibile, come un sorso di terra. “Para mi, todo tienes un alma”, queste le prime parole di Alberto Navarro che si dimostrano nei vini che assaggio. Parellada, Chenin e Granacha Blanca le varietà bianche lavorate insieme a un insolito Moscato d’Alessandria con cui produce il suo rifermentato, Syrah e Tempranillo le rosse. Mi sono innamorata del suo Tempranillo a macerazione carbonica Panxu (Abundància i felicitat) dedicato al suo maiale selvatico di compagnia.
Una delle chiacchierate più istruttive è stata quella con Joan Rubiò Saturnì che dopo molti anni di esperienza sul campo e in vigna ha deciso di intraprendere il suo progetto di vinificazione indipendente Tiques nella regione catalana del Penedès. Tra le sue proposte, ho trovato sorprendete Joanots, Macabeo da un vitigno di oltre 40 anni su suolo calcareo, macerato per una settimana e quindi fermentato in parte in anfore di ceramica e in parte in acciaio per poi finire con l’affinamento di 12 giorni in barrique e 6 mesi in acciaio.
Tiques però è anche luogo di consulenza alla biodinamica per tanti giovani viticultori spagnoli, a cui Joan cerca di trasmettere la sua esperienza, nonché incubatore di nuove realtà naturali spagnole. Per esempio, Joan da quest’anno propone una nuova etichetta le cui vendite andranno a finanziare il progetto dell’amico Carles Flaquer che sui Pirenei sta cercando di riportare alla luce – e alla produttività – una vecchia vigna di epoca romana ancora delimitata da muretti a secco orinali. Un luogo affascinante, forse il sogno di un visionario. Si può sostenere Bauma de les Deveses anche solo andando a trovarlo. Una bella idea per questa estate no?
E ancora moltissimi nomi da segnare, primo fra tutti Oriol Artigas, che professore lo è veramente al GFGS marketing and wine advertising. Interessanti le prove della nuova annata di La Rumbera, Pansa Blanca in purezza, e El Rumbero, esile e timido blend di Syrah, Merlot, Garnatxa negra e Sumoll. Ma quello che ho preferito è stato il suo Elmonstre, assemblaggio di pansa negra, blanca e rosata, perfetto per il grande caldo.
Poi i bellissimi macerati di Jordi LLorens con il suo Brutal e quello imperdibile a base di chardonnay di Casa Pardet. Ancora le declinazioni di Xare-llo di Finca Parera con il suo Sassò e l’ossidativo Mala Herba.
Nota di merito alle bollicine catalane, ne ho assaggiate davvero di interessanti, equilibrate e asciutte. Partiamo dal rifermentato di Ismael Gonzalo aka Microbio, vera rockstar della manifestazione: verdejo in purezza colorato, sfaccettato ma senza fronzoli. Come lui. Poi le pazze bollicine di Clot de le Soleres a base di Chardonnay, Macabeo o Xarel-lo (il mio preferito) in purezza. Ancora gli eleganti ancestrali della cantina Raventos nella conca del Riu Anoia, nel cuore del Penedès. Interessante il rosato di Sumoll, ma ancora di più l’ancestrale di Montonega, una varietà autoctona di quelle zone.
Circa una ventina le cantine italiane presenti, per me una bella rassegna dell’Italia naturale che preferisco da Nord a Sud, non mancava quasi nulla per farsi un’idea generale di che meraviglia sia il mondo del nostro vino naturale con la presenza, tra i tanti giovani, di veri punti di riferimento come Raffaello di Podere Veneri Vecchio e il Professor Corino di La Maliosa. Tra gli assaggi più belli c’è sicuramente la Spergola Sur Lie di Podere Magia, il super blend Amai di Podere Orto, il Montepulciano Ammucca di Tenuta L’Armonia feat. Max Palusci e il vibrante Rosso Carbo dei giovanissimi Matita Wines.
Purtroppo non sono stati molti i miei assaggi tra i produttori francesi, ma anche qui sono riuscita a scovare una chicca: Chateau La Fitte, un piccolo domaine dello Jurancon, con le sue 900 bottiglie di Argile, petit manseng in purezza affinato in piccole anfore di terracotta.
Un grazie di cuore a tutti gli organizzatori, soprattutto a Ale Delfino e Fiore Guarino per l’accoglienza. Arrivederci alla prossima edizione di Vella Terra!
Una abraçada!