Podere Orto – Amai 2017
Quando ho conosciuto Giuliano e Simona e mi hanno parlato per la prima volta del loro Podere Orto, nella mia mente ho immaginato un giovane regista esordiente sollevare il sipario della sua prima sofferta rappresentazione teatrale. Ascoltandoli, non sai dove comincia il racconto della loro l’azienda e dove comincia invece quello della loro vita, della loro visione.
In anni di prove e sogni, hanno curato alla perfezione ogni dettaglio partendo dalla delicata scelta di un palcoscenico adeguato a sostenere la rappresentazione del loro sogno di cambiare vita. Scelgono così il crocevia naturale e collinare tra Lazio, Umbria e Toscana, uno spaccato di Alta Tuscia dove i confini perdono significato e lasciano selvaggia una timida terra di mezzo che loro soprannominano Trivium. Proprio lì a scenografia solo un vecchio rudere settecentesco per la monta taurina che Giuliano e Simona ristrutturano, pietra e calce su pietra.
Tutt’attorno, in appena un ettaro di terra, piantano le loro vigne da selezione massale di vecchissime piante della zona, le varietà rosse esposte a sudovest, a nord quelle bianche. Per inclinazione naturale, la loro scelta è quella di seguire un’agricoltura più del togliere che del mettere, con alcune influenze dai principi della biodinamica.
Un’agricoltura dove alla natura è lasciato ogni potere decisionale nella profonda convinzione che questa sia la strada giusta per aggiustare questi vecchi e corrosi ingranaggi di mondo.
Ma Natura Matrigna diceva qualcuno. Così quando nel 2017 una grandinata distrugge quasi tutte le uve del Podere non resta molto da fare se non salvare i pochi grappoli sani di ogni varietà, principalmente Sangiovese, Ciliegiolo, Procanico, Malvasia e Moscato, e produrre un vino che sia la loro espressione, unita. Questo vino è Amai, anagramma di Maia, la loro bimba che, un po’ emozionata dalla dedica, ha anche personalizzato la prima bottiglia prodotta.
Un vino non voluto, ma per questo desideroso di riscossa nel bicchiere. E così l’assaggio racconta e racconta ancora una storia di terra, amore e pioggia. Un vino non pensato, che mai ritornerà così e forse in questa sua unicità sta la magia. Il coup de théatre tanto cercato dal giovane esordiente.
Già da quest’annata 2018 invece ritroveremo in bottiglia i loro vini magistrali, pensati e amati come le grandi opere, ma mi piace pensare che ci sarà sempre chi ricorderà Amai come quello scherzo di gioventù, quell’inizio difficile. Maia, sicuramente.