Il Gelsomoro
Mi ero completamente dimenticata di parlarvi di questo vino, Gelsomoro di Silvia Giorgietti, e vi assicuro che sarebbe stato un grande errore. Bevuto a gennaio in occasione della giornata Io Bevo Così, è diventato uno di quei vini rossi a cui pensi spesso e che speri un giorno di trovare sulla tavola insieme a un bel tagliere.
Ancora una volta a convincermi è stata la sua semplicità, il suo essere senza filtri come Silvia che, emozionata me lo ha versato nel bicchiere e mi ha raccontato la sua storia. I vigneti sono stati impiantati nel 2005 da lei e dal marito nel comune di Morro d’Alba. Precisa la filosofia produttiva: biodinamica in vigna e minimi interventi in cantina dove la fermentazione parte unicamente con lieviti indigeni in grandi vasche di cemento. Quindi sempre in cemento prosegue la maturazione, tranne una piccola parte delle uve che invece fa un passaggio in legno.
Morro d’Alba dicevamo, zona vocatissima per la viticultura marchigiana e conosciuta per la DOC Lacrima di Morro d’Alba. Un’uva fragile la Lacrima, che a piena maturazione tende a soffrire e a spaccarsi creando piccole gocce, lacrime, sull’acino. Così nel Gelsomoro la Lacrima non è lasciata sola ma è assemblata con due esperti vitigni, il Sangiovese e il Montepulciano. L’equilibrio è semplicemente perfetto. Fresco e minerale, Gelsomoro disseta e fa venire sete allo stesso tempo, ma grazie al corpo rugoso rimane impresso per un po’ sul palato e, soprattutto, nella memoria. Un vino essenziale, marchigiano e universale, che diverte e mette allegria fin dall’etichetta. Vorrei assaggiarlo tra un paio d’anni.