Koppitsch – RET

Koppitsch – RET

Aprile 14, 2020 0 Di lasecondadolescenza

Non mi capita spesso, ma, in tutta sincerità, di questo vino mi è piaciuta subito – tantissimo – l’etichetta. Insospettita dalla possibilità che si trattasse di una riuscita operazione di marketing non ho comprato subito la bottiglia, che però si era già conquistata una casella della mia memoria. Qualche giorno più tardi è capitato che durante una chiacchierata con amici eno-nerd saltasse fuori che invece la cantina in questione – Koppitsch – avesse in realtà alle spalle una storia di quasi cinquecento in vinificazione naturale nella regione del Burgenland, Austria meridionale al confine con l’Ungheria. L’etichetta in questione, RET, rappresentava in realtà una novità per questa tradizionale cantina, parte di una nuova linea produttiva volta ad ottenere vini dalla beva immediata “FUN WINES – SUPPOSED TO MAKE YOU HAPPY” come ho poi potuto leggere sul loro sito. Una linea a cui non manca proprio nulla per il nostro divertimento: HOMOK il bianco, ROSZA il rosato, JUH da vecchie vigne miste e appunto RET, il rosso.

Ok mi ero rapidamente convinta di aver fatto un grande sbaglio ignorando il mio istinto d’acquisto. In più, in tempi di COVID-19 ed isolamento non sono potevo andare di persona a recuperare quel vino dallo scaffale dell’enoteca, ma grazie a uno dei servizi di delivery nati nell’ultimo periodo ho svoltato facendomela portare direttamente a casa.

 

 

Non ho nemmeno avuto bisogno del cavatappi, una girata al tappo a vite e mi sono trovata a molti chilometri da casa mia, in una valle assolata, in una vigna a piombo su un piccolo laghetto. Una terra sabbiosa, molto magra, anticamente dedicata alla produzione di foraggio per gli allevamenti bovini circostanti. RET infatti in ungherese significa pascolo. Un terreno sottovalutato per le sue potenzialità, estremamente vocato per la coltivazione della vite, che predilige terreni poveri, ben drenati e raggiunti dalla giusta dose di sole e vento.

Di padre in figlio, la tradizione di coltivare la vigna è arrivata fino ad Alex che seguendo i principi della biodinamica riduce al minimo indispensabile gli interventi, favorendo gesti semplici ed essenziali e curando personalmente ogni filare dei suoi 6 ettari. In cantina la storia non cambia, nulla e dico nulla viene aggiunto in fase di vinificazione, solo una piccola quantità di solforosa all’imbottigliamento.

Nel caso di RET le varietà impiegate sono due autoctone rosse che non saprei quasi pronunciare, Zweigelt e Saint Laurent, da vigneti che vanno dai 30 ai 50 anni d’età. Le due masse vendemmiate in momenti indipendenti vanno incontro entrambe a una macerazione di circa 10 giorni, senza controllo della temperatura, quindi sempre separatamente fermentano in acciaio e una parte di Zweigelt in grandi botti di acacia. L’assemblaggio avviene solo poco prima dell’imbottigliamento, dopo un affinamento sulle fecce fini di circa 14 mesi.

RET è un vino luminoso, pieno di campagna e di vita. Amarene e mirtilli al naso se la giocano con una dominante nota erbacea, di erba grassa appena tagliata. La beva è sciolta e immediata anche grazie alla bassa gradazione, un vino asciutto, pulitissimo. RET però mi ha conquistato per la sua capacità di non rendersi banale: è un vino intuitivo, quasi scanzonato, un vino che sa di essere fighissimo e che per questo non ha bisogno di ulteriori abbellimenti per conquistare. E se la scienza dimostra che cinque porzioni di verdura al giorno ci allungano la vita, io credo che lo stesso valga per cinque bicchieri di RET. Tanto vale provare non credete?

Piccola nota a margine, anche Koppitsch ha aderito all’iniziativa Drinking Against Sinking lanciata circa un mese fa da Florian di Quantum vinelli.  L’obiettivo è fare rete tra produttori di tutta Europa, qui trovate la lista di tutti gli aderenti, e raccogliere quanti più fondi possibili da ridistribuire tra tutte le realtà che si stanno trovando in pesanti difficoltà economiche a causa del lockdown che stiamo vivendo. Bere tanto non ha mai fatto così tanto del bene