Colle del Bricco

Colle del Bricco

Maggio 7, 2020 0 Di lasecondadolescenza

Ormai più di una settimana fa ho scambiato quattro chiacchere in diretta Instagram con Matteo di Colle del Bricco, la sua azienda di Stradella, in Oltrepò Pavese. Un territorio vitato da sempre, ne parlano persino antichi documenti risalenti all’epoca romana, ma oggi fortemente penalizzato dalla scarsa qualità dei vini prodotti da un’agricoltura intensiva a partire dai primi anni del secondo dopoguerra, una storia che peraltro somiglia molto a quella di tante altre eccellenti zone vinicole vocate del nostro paese. Una storia che però sembra essere giunta ad una svolta, grazie al progressivo recupero e conversione di zone incolte a vigneto e grazie al lavoro di tanti viticoltori che hanno come primo obiettivo quello di esprimere tutto il loro terroir nel vino. Come Matteo.

 “Mi piacciono i vini precisi, nessuno dei miei vini finisce in bottiglia prima che sia perfetto, per me s’intende”. Questa è solo una delle frasi che Matteo mi ha detto durante la nostra chiacchierata, ma sicuramente quella che mi è rimasta più impressa. Per Matteo fare vino è una sfida, innanzitutto con sé stesso.

Una sfida cominciata quando, giovanissimo, chiede a suo padre di lasciargli gestire quel paio di ettari di vigneto che lui si divertiva a coltivare nei fine settimana, finendo poi con il vendere le uve alla cantina sociale. E il padre accetta.

 

Matteo, che non sa quasi nulla di viticoltura e di agronomia, sa che si tratterà di un percorso in salita, mille le variabili da controllare dalla campagna al vino, ma non si lascia intimorire. Inizia a lavorare la terra e inizia a parlare e a chiedere consigli a chi ne sa più di lui, i vecchi agricoltori dell’Oltrepò soprattutto, e quando non riesce a trovare la soluzione al suo problema arrivano le nottate sui libri, a studiare, a capire ogni meccanismo di quel delicato ingranaggio naturale che è la vinificazione.

Ed è proprio lavorando sul campo ogni giorno che si forma, nel corso dei primi anni, la filosofia produttiva di Colle del Bricco: si può fare bene anche senza. Tanti dei suoi vicini agricoltori lo guardano con sospetto tanto in Oltrepò si ormai innestata nella mentalità contadina la necessità di utilizzare prodotti di sintesi, erbicidi, pesticidi in campagna e altrettanti prodotti in cantina per chiarificare, stabilizzare, correggere il mosto e il vino. Ma, come dicevamo, una strada diversa è possibile.

Colle del Bricco è questo, passione unita a metodo e studio a partire dalla ricerca della terra perfetta per ogni vitigno. Infatti, oggi ai due ettari iniziali se ne sono aggiunti circa altri quattro frammentati in tanti piccoli cru, scelti con cura e lungimiranza e da cui Matteo vuole ottenere il massimo della territorialità.

 

 

Il Riesling Italico ad esempio, cavallo di battaglia di Colle del Bricco insieme alla Croatina, è cresciuto su un terreno di argilla nera e  gesso senza interventi chimici e Matteo raccoglie manualmente le uve in due tempi, una prima vendemmia per preservare tutti i profumi primari e una seconda, una quindicina di giorni dopo, per puntare su corpo e struttura. Le masse vengono vinificate in acciaio separatamente con il solo controllo della temperatura e vengono assemblate in due cuvée che diventeranno il Khione, Riesling Italico fermo, e il Borea, rifermentato. Come due facce della stessa medaglia, due interpretazioni della stessa uva, i due vini sono strettamente legati tra loro, anche nel nome: Khione, dea della neve, è figlia di Borea personificazione del vento del Nord nella mitologia greca di cui Matteo è appassionato e che ritorna nei nomi di tutti i suoi vini.

 

 

La Bonarda infatti porta come nome l’appellativo Makedon (Macedone) del più grande condottiero dell’antichità, Alessandro Magno, ucciso, si racconta, non tanto dalla quantità di veleno nascosta a tradimento nel cibo, ma dalla sua interazione con il tanto alcol che aveva in corpo. Makedon, una Bonarda da tutta Croatina dal profumo irresistibile, austera e verticale all’assaggio. E come Khione, anche Makedon ha un “fratello”, il ribelle del gruppo, quella Croatina che proprio non voleva rifermentare: Agrios, ribelle in greco appunto.

 

Una bella famigliola di etichette a cui all’inizio del 2021 si aggiungerà il primo imbottigliamento del Buttafuoco di Matteo. Un’interpretazione personale della storica DOC della provincia di Pavia, uvaggio di Barbera e Croatina con aggiunta di un po’ di Uva Rara e Vespolina, che ora sta ancora trovando il suo perfetto equilibrio dentro una grande botte di rovere. E a noi non resta che aspettare, per questo e per altri progetti futuri!

La nostra chiacchierata mi ha lasciato una bella sensazione che voglio condividere: Colle del Bricco è come un romanzo di formazione che si sviluppa in tempo reale, la cui principale bellezza è sapere che si è appena cominciata la lettura e, come si dice, the best is yet to come!