Formiche vini – gli (eno)banditi della Maremma
breve storia di un’inversione di rotta, non svegliateli
“Ansonica,
un’uva che sa ascoltare il mare ed il vento,
un’uva che sa parlarti di questo territorio
senza bisogno che tu venga a vederlo.”
Eravamo tutti chiusi in casa, io in un appartamento a Milano, Dylan in Toscana, ci siamo sentiti al telefono. Gli altri, quelli che poi ho imparato a chiamare Formiche erano lontani, ognuno a casa propria. In queste condizioni non proprio felicissime ho fatto la conoscenza ravvicinata di un progetto che già avevo iniziato a sbriciare da qualche tempo sui social: quattro ragazzi senza chitarra ma con un vigneto sulle spalle, tutto Ansonica. Una varietà di cui io personalmente sapevo poco o nulla, ma che Dylan dall’altro capo del filo mi ha descritto con un amore ed un entusiasmo senza mezzi termini.
Così mi incuriosivo sempre di più e gli proponevo di fare una diretta su Instagram per conoscerci meglio, in quel periodo erano i pochi diversivi esistenti. La diretta come sempre ha avuto problemi tecnici ma mi ha fatto passare una gran bella oretta assaggiando i due vini annata 2019 delle Formiche – L’Integrale e L’Ansonica – e mi ha aiutato a capirci qualcosa in più su questo progetto a 8 mani. Mancavano però all’appello quelle altre 6 mani con cui non avevo mai parlato, ma che avevano lanciato il progetto e vi contribuivano ognuno con le sue capacità, in quella che mi sembrava una bella squadra, molto organizzata.
E’ nata così l’idea, anche parlando con i ragazzi, di creare un’intervista a quattro voci, per conoscere la verità, ma proprio tutta la verità, anche quella scomoda, dietro a Formiche Vini.
Nessun appello al quinto emendamento è stato loro concesso!
Allora Formiche, partiamo dalle basi, come vi chiamate?
DW: Dylan Warren
SS: Simone Salamone
LS: Luigi Scarano
SZ: Simone Zemella
Nome di battaglia?
DW: Lo speronatore
SS: Il sergente
LS: Gigi
SZ: Il direttore
Da quanti anni vi conoscete?
DW: Tanti, con Simo Z dai tempi dell’università, abbiamo vissuto insieme. Gli altri li ho conosciuti un po’ dopo.
SS: Almeno 10, durante il mio primo tirocinio, sulla costa toscana, facevo squadra con Gigi e tra un rimontaggio e l’altro ci siamo scoperti grandi amici. L’anno seguente, in Francia, abbiamo conosciuto Simone e tra un bicchiere di Bordeaux e un’ostrica al mercato dei Cappuccini pensavamo già al ritorno in Toscana. Ricordo bene quando Simo Z prima di uno dei molti fine settimana insieme ci presentò Dylan, era fine 2015. Una fredda e nebbiosa serata chiantigiana faceva da contorno a quello che sarebbe stato poi il primo incontro delle Formiche. Sarà stato il vino, sarà stata l’inconscia voglia di creare qualcosa insieme o semplicemente il freddo del Chianti ma lì, al freddo, è nata l’idea; e abbiamo subito tutti pensato al mare.
SZ: ho perso il conto delle bevute insieme
Scegliete un solo aggettivo per descrivervi a vicenda…
DW: l’impulsivo, tutta testa poca panza, l’artista
LS: il poliedrico, l’ansioso, il rustico
SZ: il romantico, il controllore e il mediatore
Sembra di stare dentro a Romanza Criminale, c’è un difetto dell’altro che proprio non sopportate
DW: stappano poco
SS: Per fortuna che ci sei tu (riferito a Dylan) una bottiglia su tre che apri sa di tappo
LS: certamente, sennò che noia
SZ: Ancora non mi hanno fatto assaggiare il Rinaldi Bianco che tramano di bere in mia assenza (è uno scherzo ovviamente, ndr)
Lavorate tutti nel mondo del vino e questo vi ha portato a viaggiare molto, ultimo paese in cui avete vissuto?
SS: Fancia
DW: Pakistan – ma era un’altra vita- poi solo Toscana State
LS: Montenegro
SZ: Francia, ma ho la Nuova Zelanda nel cuore
Mezzo di trasporto preferito?
SS: Il divano
DW: pandino rulez since 1995
LS: moto, senza dubbio
SZ: l’immaginazione
Canzone immancabile in ogni viaggio in macchina?
SS: Marquee Moon – Television
DW: thunder road – Bruce Springsteen
LS: Susy Q – Credence
SZ: Sultans of swing – Dire Straits
Iniziamo a conoscerci meglio non c’è che dire e a questo punto ditemi chi ha avuto l’idea per Formiche Vini?
DW: ce l’avevamo già tutti dentro, doveva esplodere
LS: più che un’idea, era un sogno in comune
SZ: Un’idea tramata da tutti da tempo
Formiche Vini, perché questo nome?
DW: Le Formiche sono delle piccole isole a largo della costa grossetana: all’ombra dell’Argentario, custodi di una grande biodiversità marina ma praticamente sconosciute. Ci piaceva, poi, l’immagine delle Formiche: gli esseri viventi più forti in natura (possono sollevare fino a 50 volte il loro peso) e allo stesso tempo i più cooperativi
LS: appunto noi siamo piccoli, ma tenaci
SZ: Come diceva Dylan c’è un aspetto geografico, ma è stata soprattutto la società cooperativa delle formiche dove ognuno ha un suo ruolo e dove tutti sono indispensabili all’altro ad ispirarci.
Perché Formiche Vini proprio in Toscana?
SS: Nonostante tutte le esperienze diverse e bellissime, tutti i viaggi e i paesi in cui avessimo vissuto in giro per il mondo c’è sempre stata in ognuno di noi la voglia di tornare a lavorare in Italia ed era poi ovvia la scelta della Toscana
DW: Dove c’è Ansonica c’è Formiche. Se poi consideriamo l’asse Pisa, Lucca, Pitigliano, Roma (i nostri luoghi d’origine) in mezzo c’è proprio la Maremma.
SZ: perché il vino buono si fa anche altrove??
Qual è il paese in cui si trova il vigneto e la cantina?
SS: Capalbio, venti chilometri dall’Argentario. Nel più lontano far west e a due passi dal mare.
LS: nell’unico far west bagnato dal mare
Dite la verità, vi sentite un po’ banditi! Quale aggettivo secondo voi descrive meglio la vostra avventura?
SS: Più che un aggettivo direi un sostantivo: volontà. Che ci aiuta e ci spinge a portare avanti un progetto, un’idea che ai molti può sembrare irrilevante ma che per noi può e potrà trasmettere qualcosa a chi ama il vino come lo pensiamo noi.
DW: Vado anche io di sostantivo: cambiamento. La nascita delle Formiche è stata un’inversione di rotta personale e collettiva. Consideravamo irrealizzabile l’apertura di un’azienda, per motivi prettamente economici e perché convinti che si dovesse partire dall’acquisto di una vigna. I nostri incontri si traducevano spesso in un esercizio dimostrativo dell’impossibilità di creare qualcosa di nostro. D’un tratto le nostre energie da paralizzanti sono diventate generative. Avevamo, inoltre, fatto i conti senza l’oste. Chi le vigne vecchie di Ansonica le aveva, non intendeva minimamente venderle. Piuttosto era disponibile ad altri tipi di collaborazioni. E così siamo partiti. Con una vigna vecchia da riprendere; cercata in lungo in largo vicino al mare e su suoli leggeri. Forse abbiamo perso tempo. Forse quegli anni di stallo sono stati fondamentali. Alla fine eravamo talmente esausti dall’analisi dell’impossibile che non ci restava che mandare tutto a cagare e provarci.
LS: una pazzia semi-calcolata
SZ: Un’immagine forse: navigare seguendo le stelle con cielo nuvoloso e mare mosso
La vostra filosofia produttiva in una frase
SS: fare meno per fare di più
LS: un’enologia consapevole
SZ: Esprimere e preservare un terroir, producendo, senza compromessi, un vino che renda felice chi lo beve.
DW: la vigna come elemento di un ecosistema più complesso. La cantina come naturale evoluzione di quello che è stata l’annata in vigna.
Perché l’Ansonica?
SS: Perchè nel Far west (la Maremma toscana vicino a Capalbio, se ne parlava prima, ndr) un tempo si produceva Ansonica, un’uva che sa ascoltare il mare ed il vento, un’uva che sa parlarti di questo territorio senza bisogno che tu venga a vederlo.
DW: Se vuoi sentire il territorio nel bicchiere devi avere un vitigno che si è acclimatato ed evoluto per centinaia, se non migliaia di anni in quelle zone, parole di Francesco Valentini (produttore storico in Abruzzo, ndr), e che l’Ansonica da questo punto di vista abbia tutte le carte in regola è fuori discussione; eppure è stata troppo spesso bistrattata da un enologia standardizzante. Per sue caratteristiche varietali l’Ansonica non è certo lo stereotipo del bianco profumato e ruffiano che tanto ha dominato la scena enologica negli ultimi anni. Risultato? Espianti, innesti e conversioni con conseguente calo vertiginoso dell’area vitata ad Ansonica proprio nella sua terra. Insomma, un’uva autoctona, di mare, fuori dagli schemi ed in difficoltà: era la nostra. La sfida ora è dimostrarne il grande potenziale, l’attitudine a dare vini profondi, eleganti e complessi. Produrla in maniera naturale per scoprirla, ritrovarla e non perderla più.
Qualche domanda a bruciapelo, chi tra di voi lavora la terra?
DW: nessuno, ci sono i cinghiali. Lode al cordone alto.
SZ: Il trattore perché la terra è bassa
SS: le radici del sovescio fanno gran parte del lavoro, ma a volte serve anche il trattore
Chi lavora in cantina?
SS: lieviti e batteri…speriamo quelli buoni. L’attenzione è massima durante tutto il periodo della vinificazione. La qualità dell’uva, la pulizia in cantina e gli assaggi continui sono alla base di una vinificazione poco invasiva e con questi tre fattori solitamente si riescono ad avere delle belle fermentazioni. A volte, nonostante le accortezze, capita che la natura scelga un percorso diverso da quello che vorresti, e lì sta a noi non mettere in bottiglia quello che non rispecchia la nostra idea di vino e di Ansonica. Un piccolo sacrificio per una giusta causa.
DW: Esatto a volte capita soprattutto lavorando in modo naturale che qualcosa vada scartato. Crediamo che eventuali deviazioni o anche macerazioni troppo spinte su una varietà non aromatica tendano a coprire il varietale. Quando questo accade in bottiglia va solo il vino che rappresenta al meglio l’Ansonica nel nostro territorio. Il resto lo beviamo noi.
SZ: ancora non si è capito ma il vino viene buono
Chi di voi la mattina proprio non riesce a svegliarsi?
LS: io!
SZ: Gigi! però è l’ultimo ad andare a letto eh!
Chi è l’uomo che fattura?
DW: Le Directeur
SZ: Avrei più paura di quello che riscuote….
Chi dice solo cazzate?
DW: il commercialista cit. SZ
LS: sempre io!
SZ: Il commercialista
SS: è uno sporco lavoro ma…… io
Qual è l’ultima volta in cui vi siete ubriacati insieme?
LS: differenza fra incontrarsi e ubriacarsi?
SZ: Oh ma nemmeno un bicchiere oggi???
Va bene, va bene, adesso vi lascio andare a bere, ma ancora una cosa. Le etichette sono il primo aspetto che colpisce del vostro progetto, chi le ha disegnate? Perché un polpo e un pesce azzurro?
DW: L’idea era naturalmente il mare, da dove l’Ansonica è arrivata centinaia di anni fa e da dove soffia la brezza che accarezza la nostra vigna quotidianamente. Sono state disegnate da Laura Savina che non finiremo mai di ringraziare per la dedizione, la pazienza e l’attenzione ad ogni dettaglio.
SZ: Grazie Laura per aver trasformato in immagini le nostre emozioni!
L’imprevisto più grande che avete dovuto superare durante la realizzazione di questo progetto?
DW: L’imprevisto previsto. Mettere d’accordo quattro teste come le nostre: a volte sembra di procedere a zig zag in momenti in cui c’è da schiacciare sull’acceleratore. Ma quando mi guardo indietro finisco sempre ad apprezzare quel processo non lineare che ci porta a fare le nostre scelte.
SZ: Tutto calcolato, nessun intop…. macheccazz!????!
Avete mai pensato di non farcela?
LS: e lo continuiamo a pensare, dipende solo dal concetto di “farcela”
DW: Ogni giorno che il sergente bussa alle 5 del mattino per andare in vigna dopo le nostre serate
SZ: Mai
Rifareste tutto da capo?
DW: Tutta la vita
LS: certamente
SZ: ma perché siamo arrivati???
SS: esattamente tutto da capo: errori, dibattiti, scelte sbagliate, scelte giuste. Quale miglior modo per crescere se non sbagliare e provare a migliorare. Avere la fortuna di non essere da soli ti aiuta a capire meglio i prossimi passi.
Pistola alla tempia, tra i vostri due vini preferite Ansonica o Integrale?
DW: Spara!
LS: è come chiedere il figlio preferito…
SZ: o entrambi o nessuno!!
A proposito di pistole. Avete rapito il cane di lady gaga per un briciolo di visibilità. Non vi vergognate?
DW: ma quale rapimento l’abbiamo trovato spaesato in vigna e avvertito la padrona inutilmente. Lady Gaga non se ne cura come dovrebbe, l’abbiamo segnalata alla Brambilla.
SS: Lady Gaga, mai sentita nominare.
SZ: L’Interpol sa già tutto; in realtà eravamo d’accordo con il cane per spartirci il riscatto, lui sarebbe scappato in Messico, noi avremmo usato il malloppo per il vino e se avanzavano per una vecchia vigna….
Hahahahaha noi non diremo niente a nessuno promesso! E per finire, qual è la vostra paura più grande? O soldi e paura mai avuti?
DW: In questo momento è piuttosto difficile trovare vigne di Ansonica. Troppo spesso abbiamo assistito alla compravendita delle quote, espianto e conseguente vendita del terreno anche di vigne storiche in zone molto vocate. Forse la più grande paura è rimanere inermi davanti a questi meccanismi.
LS: siamo in quattro e finché non avremo paura tutti insieme avremo sempre qualcuno che ce la fa passare
E il vostro più grande sogno?
DW: Riuscire, insieme ad altri produttori, a far emergere il potenziale qualitativo e il valore storico-culturale dell Ansonica. Per Formiche, che diventi uno spazio di condivisione e cambiamento che possa andare oltre la produzione di vino.
LS: saremo modesti… ma era questo!
SZ: Non svegliatemi!