The Last Tomatoes
Il mondo ha bisogno di pomodori
Nel 1935 il filosofo e sociologo tedesco Walter Benjamin scriveva un saggio dal titolo “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”. In poche intense pagine è descritto, con alemanna lucidità, l’assoggettamento dell’arte – e del genio ad essa correlato – alle moderne tecniche industriali di produzione in scala al fine di soddisfare un pubblico che oggi definiremmo di massa. Tralasciando le implicazioni politiche (i totalitarismi si stavano diffondendo in tutta Europa e lasciata una guerra si era sul punto di iniziarne una nuova) del pensiero di Benjamin, un simile cambio di metodologia produttiva negli anni del boom è avvenuto anche in agricoltura. Al genio genetico custodito nell’unicità di un singolo seme – di una singola varietà, tra le mille custodite in quella che
chiamiamo biodiversità – la tecnica umana con, ad esempio, la manipolazione laboratoriale, ha portato allo sviluppo di poche “super-varietà”, più produttive, più resistenti e soprattutto riproducibili ovunque. Super-semi capaci sì di soddisfare i bisogni di molti, ma diventati oggi di fronte a un pianeta in serio pericolo, incapaci invece di adattarsi, di cambiare. Per la loro natura da noi snaturata mancano di genio, mancano di fantasia. In fondo, mancano di libertà.
In poche parole, alla luce della situazione attuale i conti non tornano e qualcuno se ne è accorto. Tra loro, l’ex regista Jonathan Nossiter, conosciutissimo nel settore del vino naturale per i docu-film di denuncia e informazione Mondovino e Resistenza Naturale. Nel 2016 infatti Nossiter decide di lasciare il mondo del cinema per dedicarsi nei pressi del Lago di Bolsena al suo progetto di orticoltura sperimentale Orto Vulcanico La Lupa in cui si impegna proprio nel recupero di semi ancestrali in via d’estinzione, sul ripristino della biodiversità e sull’applicazione di un modello agricolo rigenerativo. Piante che sono state le prime nella storia evolutiva, ma che oggi come non mai sembrano la nostra ultima speranza, in cui investire con il sorriso. Sono l’esercito pacifico dei The Last Tomatoes.
Durante una splendida giornata di fine inverno, ho avuto l’onore e la fortuna di conoscere da vicino Jonathan e La Lupa a Genova, nella cornice dell’incantevole Villa Paradisetto, quartier generale di Velier a Genova. Ad accoglierci c’è tutto lo staff insieme al suo fondatore, Luca Gargano, che con la lungimiranza che lo contraddistingue, da alcuni anni segue e sostiene La Lupa. Jonathan invece, è già ai fornelli per
preparci alla chicchierata con degustazione. Ci sediamo attorno ad un tavolo, in un misto di curiosità e trepidazione: cosa ci sarà tanto da raccontare attorno al pomodoro?
Proprio in quel momento di attesa mi capita di guardare un vasetto posato di fronte a me. “Collezione di Pomodori Ancestrali, Varietà Corbarino, vasetto uno di sette”, leggo. Non solo un prodotto organoletticamente unico, ma filosoficamente e politicamente schierato: un vasetto rivoluzionario, per la rieducazione agricola e sociale. Ecco perché bisogna parlare di pomodoro.
E così Jonathan comincia il racconto. Il luogo innanzitutto, La Lupa, frazione di Bolsena, fertilissimo terreno dal passato etrusco e il presente dimenticato da quando nel 1962 i mezzadri Briscia, che lo avevano in gestione, lo abbandonano per una disputa con il conte. Cinquant’anni e più in assenza di chimica, un luogo così ri-naturalizzato da sembrare una giungla di biodiversità all’arrivo di Nossiter che sente di diventarne il custode con l’aiuto di suoi amici agricoltori naturali Stefano Bellotti, Giovanna Tiezzi e Stefano Borsa e dello specialista locale di permacultura, Max Petrini. Il lavoro ora si svolge insieme agli agricoltori Armando Dolcini, Souleman Coulibaly, Mariasole Davanzi e Valentina Bianchi.
L’uomo, gli uomini, gli animali e la terra al centro: La Lupa con il suo inestimabile potenziale di ecosistema vergine anno dopo anno inizia ad assumere le sembianze di quelle che in molti hanno soprannominato un “laboratorio del possibile”.
Come dicevo, il primo obiettivo de La Lupa è quello di ridare vita alle varietà antiche non ibridate ricercandone i semi da tutta Italia e dal mondo, soprattutto pomodori che oggi sono piantati in più di 150
varietà differenti, ma anche antiche cipolle, melanzane, broccoli, erbe aromatiche. Tutto seminato insieme secondo il modello della policoltura affinché ogni coltura si arricchisca con la condivisione, con lo scambio. Come dovrebbe essere tra gli esseri umani, nella società. Semi non ibridi. Sì, perché la quasi totalità di ciò che mangiamo – spiega meglio Jonathan – deriva da semi incrociati, a volte a livello spontaneo, ma poi selezionati dall’uomo (oggi sempre più con la tecnologia OGM) che spingendone la coltura intensiva hanno finito per prendere il sopravvento su tutta la miscellanea genetica che si trova spontaneamente in natura e che è patrimonio di tutti.
Cominciamo ad assaggiare i pomodori che con l’aiuto della chef Valentina bianchi arrivano in barattolo, in parte passati e in parte pelati per esaltarne a pieno le caratteristiche.
Il Colletto Scuro, una varietà siciliana dalla forma del datterino. Il Lampadina Sala, originario della Campania, una specie di nonno del san marzano, ma più grande. Poi un grande derby degustativo: da un lato il Ciliegino Bolsenese coltivato nella sottozona Campovento, protetta dai venti e con irrigazione. Uno dei 9 “cru” identificati a La Lupa al fine sperimentale di indagare se anche attraverso gli ortaggi – così come accade nel vino – si possano esprimere il terroir, la specificità e l’appartenenza del luogo. Dall’altro lato lo stesso Ciliegino Bolsanese coltivato invece in arido-coltura, ovvero con irrigazione solo nella prima settimana dalla semina. Una quasi assenza di acqua che spinge la pianta a fare tutto il possibile per sopravvivere, un nuovo sistema agricolo da approfondire e mettere a punto sia per i territori lontani che già oggi soffrono di aridità, ma per la nostra vicina Europa se pensiamo che a causa del surriscaldamento globale a Bergamo è prevista la stessa temperatura di Marrakash tra trent’anni.
“Dimenticare le varietà antiche” Prosegue Jonathan mentre stiamo assaggiando “è come entrare negli Uffizi e distruggere tutti i quadri che sono dentro. Mangiare cibo industriale è come accontentarsi di non ammirare il quadro originale, ma la sua riproduzione digitale.”
Sono parole forti che Jonathan sembra scegliere per arrivare dritto al cuore di chi ha di fronte, a svegliarne la coscienza. A ricordare che non siamo solo spettatori passivi di un mondo in rovina, ma artefici ognuno con le sue scelte, con i suoi gesti, di una rivoluzione che non è solo agricola, ma sociale e politica.
Infatti, accanto alla coltivazione delle sementi, La Lupa vuole anche rappresentare una Antibanca dei Semi. “Non basta congelare i semi in Antartide per creare banche genetiche efficaci.” continua Jonatan “Un seme congelato e ripiantato a distanza di cinquant’anni non avrà sviluppato le caratteristiche per sopravvivere al nuovo ambiente. Le uniche banche efficaci sono quelle in cui i semi danno i frutti, sono le banche dei semi vivi, nella terra.”
A questo scopo La Lupa è in prima linea nella condivisione gratuita dei semi con altri agricoltori, perché la biodiversità è patrimonio di tutti. Le implicazioni della ridiffusione di queste sementi sono molteplici, la lotta alle lobby agroalimentari, la rigenerazione di un patrimonio genetico, la custodia dell’unica arma che abbiamo verso il riscaldamento globale.
I primi semi sono già arrivati in Georgia, in Portogallo, in Grecia – nazioni dove Jonathan aveva la fortuna di conoscere altri pazzi visionari come lui – e recentemente in Palestina dove i semi della Lupa hanno avuto anche il ruolo di scardinare un’egemonia governativa che costringe i contadini ad acquistare semi ibridati da un unico fornitore, semi però sterili, da ricomprare ogni anno e per di più dipendenti dai trattamenti chimici per sopravvivere. È un orto che fa squadra, in cui La Lupa appare come uno dei tanti nodi di una rete capace di soccorrere l’umanità che avanza come una funambola cieca.
Ogni parola è un messaggio di speranza e punta a coinvolgere tutti in quello che sta accadendo laggiù su quel lago vulcanico dimenticato. “Quando ho girato il documentario Mondovino e ho ripreso quello che l’industria stava facendo alla viticoltura pensavo che avessimo tutti già perso, che i giochi fossero finiti. Poi ho conosciuto agricoltori diversi, Stefano Belotti che ha letteralmente cambiato la mia vita, ho conosciuto Luca Gargano che da vent’anni lavora per dare visibilità a questi agricoltori. Erano una resistenza. E come nelle lunghe guerre, questa resistenza oggi ha vinto e il vino naturale esiste.”
E abbiamo persino il coraggio di definirlo moda, mi permetto di aggiungere.
E se – come ricorda Jonathan con queste parole – il vino è stato ambasciatore di un pensiero agricolo nuovo è giunto il momento di cominciare a considerare nobili tutti i frutti e gli ortaggi. E se non bastano le ragioni sociali e politiche per compiere scelte di consumo differenti, intervengono le ragioni nutritive: secondo analisi condotte proprio in collaborazione con Velier le varietà antiche coltivate a La Lupa hanno mostrato di avere il 4-5% di proprietà nutritive in più rispetto ai “normali” pomodori, anche quelli provenienti da agricoltura biologica o biodinamica.
Si, va bene, vi starete chiedendo ma tutto questo quanto mi costa? Ho estremamente apprezzato che Jonathan stesso – come già aveva fatto in un passaggio del suo Resistenza Naturale – cercasse un piccolo spazio nella discussione per parlare del prezzo. “Come diceva Stefano (Belotti, ndr), il lavoro agricolo, fatto con amore maniacale per la terra, in un certo senso non ha prezzo. Per questo è stato molto difficile stabilire un costo per i miei pomodori. In teoria non avrei voluto soldi in cambio, ma serviva invece un compenso giusto che permettesse al progetto stesso di autosostenersi, niente di più.” Si parla di circa 8-12 euro a vasetto da cui ottenere un piatto di pasta per almeno 4 persone. Con l’acqua di governo poi si può fare il pancotto e sistemare anche il pranzo del giorno dopo. Se ormai abbiamo imparato a spendere 12euro al litro per un buon olio EVO e 10 per una bottiglia di vino naturale, onestamente dall’alto della mia povertà penso che sia una scelta sostenibile, almeno per molti. Inoltre, il prezzo deriva anche da una produzione per il 2021 di appena 3000 vasetti a causa dell’annata difficile. Se come Jonathan si augura la produzione aumenterà il prezzo sarà rimodulato di conseguenza.
Concludo riportando una bella riflessione di Jonathan sul finale di questo incontro. Il punto, si diceva, è smettere di pensare da consumatori per sentirci cittadini. Ricordarci di dare valore a quello che ne ha davvero e non a quello a cui il sistema consumistico ci ha abituato a considerare valuable, come l’auto nuova ogni 2 anni e l’ultimo modello di cellulare che costano certamente molto di più dei miei pomodori. Da cittadini possiamo scegliere come spendere i nostri soldi e scardinare con un seme, con un prodotto vero la sovranità alimentare a cui ci stiamo silenziosamente abituando. Se come diceva Endrigo ci vuole un fiore per fare un tavolo, mai come oggi penso che il mondo abbia bisogno di fiori e di pomodori.
Un sentito ringraziamento a tutti quelli che si sono impegnati per la realizzazione di una giornata così
intensa e speciale! Tutto lo staff di Velier, accogliente e familiare, i giornalisti, osti e bottegai presenti con cui è stato un piacere confrontarsi. E menzione specialissima per la qualità messa a tavola con il pane di Alessandro Alessandri di Pane dell’anno 1000 di Genova e e con le pizze eccezionali della Piccola Piedigrotta di Reggio Emilia.
Inoltre vi invito a contattare Jonathan per qualsiasi curiosità abbiate e soprattutto se avete la possibilità di piantare nella vostra azienda le sementi antiche al fine di diffonderle in diversi ambienti e climi. Infine se sentiste un irresistibile richiamo verso la natura a La Lupa cercano sempre aiutanti e appassionati per far crescere il progetto, fateci un pensiero, scrivete su Instagram e andate a trovarli!
Grande jonathan così possiamo salvare il mondo .Bravo e buona pummarola